Domenica 12 giugno gli Italiani saranno chiamati alle urne per votare per il primo turno delle elezioni amministrative per 950 Comuni italiani e su cinque referendum, promossi da Lega e Radicali, in tema di giustizia.
E allora…
Tutto quello che devi sapere sul referendum giustizia del 12 giugno 2022: te lo spiego!
Primo quesito: incandidabilità dei politici condannati
Il primo dei quesiti propone di abrogare il decreto Severino del 2013.
Il decreto Severino prevede che chi venga condannato, anche in via non definitiva, per reati gravi, fra cui mafia, terrorismo e corruzione, non possa essere candidato alle elezioni per il Parlamento Italiano ed Europeo, alle elezioni regionali e comunali e che non possa assumere cariche di governo. Inoltre la condanna definitiva per uno di questi reati determina la decadenza automatica del mandato, tranne che per alcuni casi.
Se vincerà il sì al referendum anche ai condannati in via non definitiva verrà concesso di candidarsi o di continuare il proprio mandato, a meno che il giudice non decida diversamente, in base al singolo caso.
I promotori del referendum sostengono che la sospensione automatica in caso di condanna non definitiva sia contraria al principio di presunzione di innocenza e che possa creare «vuoti di potere» e quindi gravi inefficienze nelle amministrazioni coinvolte.
Chi si oppone all’abrogazione sostiene invece che il decreto Severino rappresenti un baluardo nel contrasto alla corruzione degli ultimi anni e che eliminarlo gioverebbe più ai corrotti che agli innocenti.
Secondo quesito: limitazione delle misure cautelari
Il secondo quesito riguarda l’abrogazione di una parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale, riguardante le misure di custodia cautelare.
La custodia cautelare è una limitazione della libertà preventiva, a cui un imputato può essere sottoposto prima della sentenza,
La custodia cautelare attualmente può essere disposta solo per gravi reati per i quali sono presenti “gravi indizi di colpevolezza” e dinanzi a tre ipotesi: quando ci sono concreti rischi di fuga, quando c’è il rischio di inquinamento delle prove o di «reiterazione del reato», ossia che la persona indagata possa ripetere il delitto di cui è accusata.
circostanze in cui è attualmente prevista la custodia cautelare
Se vincerà il sì al referendum verrà eliminata la motivazione della «possibile reiterazione del reato» dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o i domiciliari durante le indagini e quindi prima del processo.
I sostenitori del sì, sostengono che la custodia cautelare, da strumento di emergenza, si sia trasformata in una pratica abusata e che venga imposta in modo automatico anche in casi in cui l’imputato non sia effettivamente pericoloso.
Chi è contrario alla modifica fa notare che la legge stabilisce già dei limiti alla custodia cautelare in caso di pericolo di reiterazione del reato, che può essere disposta solo per delitti che prevedano una reclusione di minimo quattro anni o di almeno cinque anni per la custodia cautelare in carcere. Inoltre l’abrogazione non influirebbe solo sui domiciliari o sulla carcerazione preventiva ma anche su tutte le altre forme di misure cautelari, come l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa, la sospensione della potestà genitoriale, creando, per esempio, potenziali rischi per le vittime di violenza, abusi e stalking.
Terzo quesito: la separazione delle funzioni dei magistrati
Il terzo quesito riguarda la separazione delle carriere dei magistrati, con la richiesta di abrogazione di quelle norme che attualmente consentono il passaggio nella carriera dei magistrati dalle funzioni giudicanti (giudice) a quelle requirenti (pubblico ministero) e viceversa.
I pubblici ministeri o PM dirigono le attività investigative dopo aver ricevuto una notizia di reato e rappresentano la pubblica accusa nei processi, i giudici invece sono chiamati a prendere delle decisioni dopo avere approfondito le ragioni delle parti in causa.
Secondo la legge ora in vigore, nel corso della propria carriera, un magistrato può cambiare percorso professionale, tra giudice e pubblico ministero, fino a quattro volte.
Legge attualmente in vigore: cambio carriera fino a 4 volte
Se al referendum vinceranno i sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della propria carriera se vuole essere pubblico ministero o giudice e non potrà mai cambiare percorso di carriera.
Secondo i sostenitori dell’abrogazione, la contiguità tra il ruolo di pubblico ministero e quello di giudice è un problema perché può creare uno spirito corporativo tra le due figure che potrebbe compromettere un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, considerato il vero fondamento dell’efficienza e dell’equilibrio di un sistema democratico.
Per i sostenitori del no, separare le funzioni isolerebbe la figura pubblico ministero, creando una cultura dell’indagine e dell’accusa autonoma, sganciata da ogni regola deontologica. Secondo questa logica il magistrato può beneficiare molto dall’esperienza nei due ruoli, venendo in contatto con entrambi i punti di vista e quindi diventando un PM o un giudice migliore.
Quarto quesito: Consigli Giudiziari
Il quarto quesito del referendum mira ad abrogare le norme sulle competenze dei membri laici nei Consigli giudiziari.
I Consigli giudiziari sono organi ausiliari composti da magistrati e da membri laici, come professori universitari e avvocati che esprimono “motivati pareri” su diversi ambiti, tra cui le valutazioni di professionalità dei magistrati.
I membri laici partecipano all’elaborazione di pareri su diverse questioni tecniche e organizzative, ma sono esclusi dai giudizi sull’operato dei magistrati che attualmente possono esser giudicati solo da altri magistrati. La valutazione definitiva della competenza dei magistrati viene poi fatta dal CSM, che però decide anche sulla base delle valutazioni dei consigli giudiziari.
Se al referendum vinceranno i sì, anche i membri laici, quindi gli avvocati e i professori universitari parteciperanno attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.
Secondo i sostenitori del sì, questo potrebbe rendere più oggettivi e meno autoreferenziali i giudizi sull’operato dei magistrati.
Chi è contrario invece sostiene che, affidando un ruolo attivo agli avvocati nella valutazione dei magistrati, si correrebbe il rischio di compromettere la neutralità del giudice nel caso in cui, ad esempio, il giudice in questione, durante un processo si trovasse di fronte all’avvocato che poi potrà esprimere un parere molto importante sul suo lavoro e che avrà conseguenze sulla sua carriera professionale.
Quinto quesito: elezioni del CSM
Questo quesito propone di cambiare alcune regole per l’elezione dei cosiddetti “membri togati” del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il Consiglio Superiore della Magistratura o CSM è l’organo che assicura l’autonomia del potere giudiziario in Italia. Ad esso spettano diversi compiti, fra cui l’assegnazione, i trasferimenti e le promozioni dei magistrati e quello di decidere sui provvedimenti disciplinari nei confronti dei membri della magistratura.
Il CSM è composto da membri che lo sono di diritto, come il Presidente della Repubblica, che lo presiede, e da membri eletti, per un terzo “membri laici”, come avvocati e professori universitari (eletti dal parlamento), e per due terzi “membri togati” ossia magistrati (eletti dagli stessi magistrati).
Attualmente un membro togato, per candidarsi al CSM, deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e il quinto quesito propone proprio l’abrogazione di questa regola.
Se al referendum vinceranno i sì, tutti i magistrati in servizio potranno proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura, senza bisogno del supporto di altri magistrati e, soprattutto, senza l’appoggio delle “correnti” politiche interne alla magistratura e al CSM.
Secondo i sostenitori dell’abrogazione, questa modalità favorirebbe le qualità professionali del candidato invece del suo orientamento politico.
Chi si oppone al referendum mette in dubbio il fatto che l’eliminazione della norma possa essere risolutiva rispetto alla questione delle correnti, ritenendo che, anche eliminando la necessità delle firme, le correnti continueranno ad esistere e a votare in blocco i propri candidati.
Informazioni conclusive
Infine ricordiamo a tutti che affinché il referendum sia valido è necessario che si rechino alle urne il 50% più 1 degli aventi diritti al voto.
I seggi saranno aperti dalle ore 7 alle ore 23 di domenica 12 giugno.
Buon voto a tutti e in bocca all’iguana!
AUTORE: Sacha Dominis
DISEGNI: Mel Zohar
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